Scritture Le forme di comunicazione
8 La scrittura araba
3. La calligrafia
Scrittura come arte
La calligrafia è un fenomeno straordinariamente duraturo e diffuso, che accompagna l’intera storia dell’Islam e ne costituisce un elemento essenziale.
In questo senso, il confronto con l’idea di ‘calligrafia’ della tradizione europea è forzato e addirittura fuorviante.
La proliferazione di variazioni (che si applica per lo più a passi coranici o a sentenze di carattere religioso, ma anche a poesie e a testi letterari in genere) ha infatti un valore assai più grande di quello che viene di solito attribuito al ‘bello scrivere’, e anche la posizione sociale del calligrafo, nel mondo islamico, non è assimilabile a quella delle persone che in Europa hanno esercitato questo mestiere.
Creazione nella ripetizione
Il fatto è che non soltanto l’adozione di uno tra i numerosissimi stili, ma anche l’abilità nel creare configurazioni inedite a partire dagli stessi testi sono diventati il principale mezzo di rappresentazione artistica.
Tutto il potenziale espressivo che altre culture hanno affidato alla raffigurazione pittorica, sottraendolo progressivamente al testo scritto (cui era semmai affidato un ruolo di didascalia, per precisate il significato che nell’immagine poteva rimanere vago), nella cultura araba tendenzialmente iconoclasta (per l’aversione nei confronti di quelle forme di arte figurativa troppo legate al passato totemico preislamico) è stato assorbito dalla scrittura.
Nella tradizione europea, le lettere ornate, ad esempio, sono pur sempre lettere e un testo miniato aggiunge magari connotazioni e interpretazioni a quello che è sempre un testo, che va letto indipendentemente e la cui lettura giustifica la miniatura.
Nella calligrafia araba, il contenuto verbale di un testo come il Corano, immutabile e ben conosciuto, quando è ripetuto illimitate volte diventa quasi accessorio, e la scrittura perde l’aspetto informativo per privilegiare quello espressivo.
La ripetizione di uno stesso tema, al contrario di quello che succede nella tradizione europea, diventa occasione per la creazione artistica.
L’arabesco, o la magia dell’illeggibile
Questa dissimulazione del testo sotto la trama della scrittura, la cui forma viene fruita a prescindere dal contenuto, può persino far assumere all’illeggibilità un valore positivo: impenetrabile per l’occhio non addestrato, il calligramma diventa, anche per chi ne capisce il contenuto, una sorta di amuleto da cui scaturisce una forza sacrale indipendente dalla lettura, indipendente cioè non solo dalla voce ma anche dalla lingua.
Nel campo del sapere arabo classico, la jafr, la ‘scienza delle lettere’, è l’espressione della tensione verso il raggiungimento di un ordine interiore guidato dalle combinazioni tra cifre e lettere.
Dalla futuhât (la speculazione sulle ‘lettere isolate’) alla bismalah (il versetto, sempre uguale, con cui si apre ogni sura, ogni capitolo del Corano), tutto lo sforzo del creatore come del fruitore del messaggio calligrafico si concentra sul ‘far emergere’ ciò che è già lì nel testo, in una spinta verso l’assoluto, e in questa chiave si può cominciare a comprendere l’horror vacui tipico della calligrafia araba, la tendenza a occupare tutto il supporto di scrittura.
La bismalah in forma di animale è ‘potente’ perché ad essa si crede senza bisogno di leggerla.
Ogni oggetto della vita quotidiana potrà ricevere il marchio di Dio che opera attraverso la mano del calligrafo (ceramiche, stoffe, libri, monete, ornamenti, palazzi, medicine).
È l’assegnazione di un senso che non si lascia racchiudere in una formula razionale, ma diventa manifestazione inafferrabile dell’ intero universo.
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