Decorazioni del Palazzo Viceregio di Cagliari
La sala gialla
La decorazione della sala gialla va considerata, probabilmente, tra le opere meglio riuscite di Domenico Bruschi.
Riguardando un locale destinato a riunioni meno solenni, in comunicazione con l’appartamento privato del Prefetto, quasi una grande e gradevole anticamera, la censura o il controllo degli amministratori provinciali abbassò la guardia e lasciò, verosimilmente, che l’artista perugino desse maggior spazio a un gusto più personale, sciogliendolo dalle tematiche alquanto paludate delle evocazioni storiche.
La vicenda di questi lavori è alquanto incerta. Non si può conoscere neppure la data di esecuzione, in quanto la firma, apposta all’angolo destro, non è seguita da nessuna cifra.
Del proposito di effettuare questa decorazione non si trova cenno nella prima deliberazione del Consiglio provinciale, dove si precisava costantemente che il concorso riguardava la sistemazione della Sala delle riunioni. Evidentemente la decisione di spesa concernente la decorazione pittorica della sala gialla venne presa a parte e successivamente. Si parla, è vero, di questo ambiente e dell’annesso salotto denominato «Sala Rossa» in una Relazione della Deputazione provinciale del 1893, ma solo al fine di stanziare nuovi fondi per il rifacimento dei palchetti, senza menzionare però gli affreschi [19].
Si deve supporre che l’intenzione maturasse durante la permanenza del Bruschi a Cagliari, sull’onda del successo che egli riscosse tra la buona borghesia e nel ristretto numero degli intenditori. Circa quest’aspetto restano cenni e qualche testimonianza sia dell’apprezzamento, sia della sua attività nel capoluogo isolano. Si evince, intanto, da un passaggio dello Iraci, nel suo discorso commemorativo dopo la morte di Domenico Bruschi, e dal1’esistenza presso privati di qualche ritratto da lui eseguito a Cagliari [20].
Per il resto abbiamo già notato che la firma in calce all’affresco non è accompagnata da nessuna data, contrariamente a quanto si vede nella sala del Consiglio, dove sono segnati i due anni – quello iniziale e quello finale – 1894 e 1895.
Stilisticamente la composizione farebbe pensare a un termine più tardo, comunque non troppo distante: forse il 1896 (e sino al ’98), anche se al riguardo resta un largo margine di opinabilità.
Circa l’ispirazione dei partiti decorativi che si svolgono lungo il soffitto intorno alla scena, si nota, rispetto a quelli del salone consiliare, sebbene con le inevitabili assonanze, un più accentuato modernismo e un più deciso rinvio alla grafica per parati, agli ornati tipografici, agli ex-libris: a tutta una produzione, quindi, molto in auge alla fine del secolo scorso, sull’onda della riconciliazione in atto tra artigianato e industria.
La colorazione, dalla gamma orientata fondamentalmente verso i rossi, verdi e blu contro il fondo bianco, tende, per via del suo tono pastello alquanto tenue, a giochi planari che accentuano lo sfondato dell’animata scena centrale, con effetto simile a quello di una copertina illustrata di libro o di una pagina miniata. Né manca, coerentemente alla particolare civiltà artistica di fine secolo e alle teorie ruskiniane provenienti dall’Inghilterra, un riuso combinatorio, un «riciclaggio» libero di formulari di intreccio lineare ornamentale, una ripresa di motivi antichi e rinascimentali.
Dove però il Bruschi esibisce una interessante e precoce intuizione della figuralità liberty che in Italia si affermerà solo un quinquennio dopo, è nell’organizzazione del dipinto allegorico. In primo luogo, e ancora una volta, colpisce il colore: dorato e luminoso, con passaggi leggeri di tono, insidiato appena da un discretissimo chiaroscuro.
Quest’ultimo risultato dev’essere costato non poco a un artista che si raccomandava per l’impostazione disegnativa accademica, la cui resa monumentale e plastica era appunto affidata in larga misura agli effetti chiaroscurali.
La conseguenza di questo schiarimento della gamma cromatica si percepisce come continuità coloristica, al tempo stesso delicata e briosa, per la presenza di agili e aggraziate figure che ritmano lo spazio senza asprezze di contrasto. L’apprezzamento di questa composizione è disturbato oggi, purtroppo, da macchie d’umido e di muffe che, mentre rendono precaria la conservazione, riducono la luminosità di alcune parti, creando sgradevoli interferenze.
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