Decorazioni del Palazzo Viceregio di Cagliari – Il contesto sardo

 

 

Nel campo della rappresentazione del costume e di tradizioni popolari il confronto più serio si può sempre fare con un bel dipinto, sempre del Marghinotti, «La partenza per la festa» del Museo Sanna di Sassari.

Sala del Consiglio - D. BRUSCHI: Sovrapporte (marmo e stucchi) Foto: Guido Costa, Cagliari

Sala del Consiglio
D. BRUSCHI: Sovrapporte (marmo e stucchi)
Foto: Guido Costa, Cagliari

Si direbbe, anche qui, che l’artista cagliaritano abbia più idealizzato che «visto», riportando il tutto nell’alveo della tradizione aulica, anche in questo caso di ascendenza purista. Si vuol dire che la scena è condotta all’interno della pittura di genere ravvivata da un alito del primo Goya assaporato al Museo del Prado, e appare come una sorta di raffinato idillio campestre. La linea culturale, considerati i debiti scarti di complessità e di qualità, è un po’ la stessa dei viaggiatori stranieri dell’Ottocento che unificavano le loro esperienze di «voyeurs», interessati allo spettacolo esotico, in schemi figurativi buoni per la Sardegna, per Napoli, per il Nord-Africa, etc., o, nel caso migliore, più attenti alla descrizione e catalogazione di insoliti abbigliamenti che a cogliere i momenti della vitalità popolare. Sono figurazioni sin troppo note attraverso libri e stampe che circolavano soprattutto alla fine dell’Ottocento, e attraverso innumerevoli oleografie.
Si ha la fondata impressione che i pittori sardi alla fine del XIX secolo avessero assorbito questi modi meglio dell’insegnamento coevo proveniente dal verismo, verbo prevalente, nelle sue varie sfumature regionali e individuali, tra gli artisti italiani.

Non c’è dubbio che gli apparati figurativi dello Sciuti e del Bruschi si presentano sotto un segno diverso, pur restando all’interno dei precisi filoni che abbiamo tanto spesso chiamato in causa.
Essi introducevano, persino nei loro limiti accademici e talvolta anacronistici (ma questo giudizio andrebbe esteso a tanta pittura italiana), alcuni elementi di novità rispetto al piano dei riferimenti artistici alquanto vieti che stagnavano in Sardegna. Intanto, offrivano un saggio di «grande maniera», di robusta rettorica, così rara nelle abitudini creative e forse ostica alle attitudini isolane: comunque poco frequente nel nostro patrimonio artistico.

Soprattutto lo Sciuti dava anche un insegnamento di «bella pittura» di ascendenza tardobarocca, di qualità coloristica senz’altro più raffinata di quella del Bruschi.

Ma è proprio il Bruschi nel Palazzo viceregio ad offrire le più suggestive novità: per quell’attenzione al vero e all’animazione teatrale che abbiamo visto nei dipinti di soggetto storico e allegorico; che significa esperienza della terza dimensione e dello spazio in generale; e ancora per quella capacità di lettura, decodificazione e riuso, come s’è ripetutamente visto, del patrimonio decorativo occidentale che costituiva ,nell’insieme l’elemento più avanzato e vicino al clima medio europeo della fine dell’Ottocento.

Se osserviamo questi elementi e li riferiamo ai dintorni sardi, possiamo dire che l’influenza del «modello» presente nel Palazzo viceregio di Cagliari non abbia avuto un seguito apprezzabile e che, forse, qualche decennio più tardi, non più di due artisti dotati di robusta immaginazione spaziale, capaci di muoversi nella vasta dimensione, abbiano tratto, più che prestiti iconografici clamorosi, suggerimenti sull’impostazione e organizzazione di un lavoro spaziale.

L’allusione, a questo proposito, è diretta alle imprese decorative e ai dipinti di grande formato di Filippo Figari e di Mario Delitala [24].

 

Sala del Consiglio - D. BRUSCHI: Sovrapporte (marmo e stucchi) Foto: Guido Costa, Cagliari

Sala del Consiglio
D. BRUSCHI: Sovrapporte (marmo e stucchi)
Foto: Guido Costa, Cagliari

Queste analisi e conseguenti affermazioni varranno forse sino a prova contraria: che dovrebbe però venire da un quadro statistico attendibile delle istituzioni iconografiche – se esistono! – dell’arte in Sardegna nei quaranta o cinquant’anni successivi all’opera che abbiamo esaminato.
Oggi, calando dialetticamente il nostro giudizio nelle tendenze di fondo della produzione artistica tra Ottocento e primo Novecento in Sardegna, siamo portati a vedere le decorazioni del Bruschi come uno dei più evidenti indici di direzione della cultura figurativa isolana in senso italiano, a conclusione di un processo scoperto di inseguimento della cultura classica da parte dell’intellettualità dell’isola, anche malgrado la continua rivendicazione di specificità regionali da porre sulla bilancia dell’unità d’Italia.L’indicazione di senso, emergente da quest’impresa pubblica che riporta la figurazione alle sue radici classiche e rinascimentali, sebbene appaia senza un seguito immediatamente fortunato nella pratica dell’arte, proietterà la sua ombra (o, se si vuole, la sua luce) sugli sviluppi della cultura d’immagine del primo quarto di questo secolo in Sardegna, costituendo un polo di confronto e di alternativa (vincente) per i nostri pittori e scultori.

 

Salvatore Naitza

 

 

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