Provincia di Cagliari: Ambiente & Civiltà  – CAPITOLO II – ARCHEOLOGIA E STORIA

 
Francesco Cesare Casula

Il medioevo

Il Medioevo è il periodo più bello della storia della Sardegna perché in esso c’è un particolare “momento” (durato circa mezzo millennio!) in cui l’isola per la prima ed unica volta fu autogestita e libera da governi stranieri.

Cominciò, però, negativamente in un anno imprecisato fra il 456 e il 466 quando Genserico, re dei Vandali, dopo aver fondato alcuni decenni prima un potente stato barbarico nell’Africa settentrionale occupò l’isola che fin’al1ora era stata provincia romana.

I Vandali rimasero in Sardegna per quasi ottant’anni, fino al 533, limitandosi a presidiare le città della costa – specie del meridione – senza addentrarsi nell’interno, ed a relegarvi i dissidenti cristiani ortodossi che sul continente si erano opposti al loro arianesimo. E fu così che, senza volerlo, la nostra terra divenne, anche se solo ai margini, un notevole centro di cristianità.

Nel 533 i Vandali _ come è noto – furono sconfitti dai Greci di Bisanzio e l’anno seguente l’imperatore d’Oriente, Giustiniano, inserì la Sardegna fra le provincie d’Africa governate da un “praeses” chiamato anche, in latino, “iudex provinciae”. Costui – importantissimo nell’evoluzione successiva delle istituzioni giudicali – abitava a Karales, l’antica città punico-romana (la quale non ha niente a che vedere con la Cagliari odierna, sviluppatasi intorno al Castello dal 1217 in poi) che si estendeva in pianura lungo tutta la banchina dell’attuale porto del capoluogo, da Bonaria a S. Avendrace, e s’occupava di questioni politico-amministrative, mentre le questioni militari erano demandate ad un “dux” di stanza con l’esercito a Fordongianus, nella Sardegna centrale, perché il nemico più temibile, per i Bizantini dell’isola, non erano le genti del mare ma i Sardi delle Barbagie, quelli che press’a poco popolavano le impervie montagne interne da Seulo a Bitti, e che, mai domati, nemmeno dai Romani, dopo la caduta dell’impero d’Occidente avevano costituito un regno indigeno (di cui Ospitone fu uno dei re) ed avevano ripreso le proprie usanze ed i propri modi di vita, non necessariamente primitivi.

Quindi si può dire che, in linea di massima, in periodo bizantino la Sardegna era divisa idealmente fra “romania” _ o, meglio, fra “grecia” – e “barbària”, fra un’area sottomessa ai Bizantini e un’area indipendente ed autarchica. Malgrado ciò, esisteva in entrambe le zone una base culturale comune di stampo romano-latino, perché le popolazioni dell’isola parlavano latino (pur se decaduto ed avviato ad evolversi in “volgare sardo“), e latine erano le memorie storiche generali. In questo contesto si possono rinvenire tracce d’influssi bizantini portati dalle classi greche dominanti nelle istituzioni, nel diritto, nella religione, nel linguaggio, nella toponomastica, nell’arte e in molte altre espressioni civili nazionali; tuttavia si tratta sempre d’interventi complementari rispetto al quadro principale, fatto di cultura sardo-latina, e, dunque, d’importanza relativa e da studiare in via subordinata, in percentuale.

La dominazione bizantina in Sardegna non terminò bruscamente ma pian piano, per asfissia, attorno al IX secolo dopo che gli Arabi in nome di Maometto e dell’Islam avevano occupato l’Africa settentrionale, la Spagna e parte della Francia, ed avevano invaso la Sicilia a partire dall’827, rendendo praticamente impossibile il contatto costante degli amministratori sardi con l’autorità imperiale di Bisanzio.

Cosa successe, in seguito, nessuno lo sa con precisione perché mancano documenti espliciti e la maggior parte dell’Europa cristiana scompare dalle memorie storiche ed entra nel buio più completo.

Si pensa che la Sardegna, minacciata di continuo dalle incursioni musulmane che razziavano e spopolavano le città marittime (Carales, Nora, Bitia, Sulci, Neapolis, Othoca, Cornus, Tharros, Bosa, Turris, Olbia), si sia autodifesa dandosi spontaneamente un’organizzazione ricalcata parte su modelli tradizionali romano-bizantini e parte su modelli di tipo romano-barbarico (infatti, l’isola ebbe in quel periodo contatti politici con la Spagna visigota e con la Francia carolingia).

Comunque sia avvenuto, i governanti (i quali, essendo la massima autorità, erano sempre chiamati in latino “iudices” e, nell’incipiente volgare sardo, “judikes”) ed i popoli della quattro “partes” o “mereie” amministrative bizantine di Cagliari, Torres, Arborea Gallura, agli inizi del X secolo si resero autonomi e formarono ciascuno per proprio conto uno stato detto impropriamente, in italiano, “giudicato”.

 

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