Provincia di Cagliari: Ambiente & Civiltà  – CAPITOLO II – ARCHEOLOGIA E STORIA

Maria Antonietta Pilia: Preistoria e protostoria

 

Il periodo nuragico

Il noto studioso e archeologo sardo Giovanni Lilliu data l’inizio del periodo nuragico intorno al 1800 av. Cristo circa, all’inizio dell’Età del Bronzo in Sardegna. Questo è il momento in cui, nell’ambito di un sempre più intenso movimento di popoli nel Mediterraneo, sulle precedenti tradizioni e strutture culturali dell’Età del Rame, si inseriscono nell’isola genti nuove, a conoscenza della metallurgia del bronzo, di provenienza occidentale e con una struttura economica e sociale agro-pastorale. Sono le popolazioni della cultura di Bonnanaro dure, severe, portatrici di uno stile di vita austero e concreto (lo dicono le loro ceramiche semplici e rigide, dal profilo sobrio ed essenziale, e soprattutto lisce, prive completamente di ornato e destinate quindi ad un uso estremamente pratico, senza alcun intento estetico e decorativistico).

È su questo sostrato che si innesta, intorno al XVI secolo av. Cristo, l’elemento che, come si è detto, caratterizza l’architettura di questo periodo in maniera esclusiva ed originale: il nuraghe con la copertura a tholos.

Il nuraghe è una torre troncoconica costruita con grossi blocchi di pietra disposti a file orizzontali, sempre più strette, unite senza cemento ma con un abile gioco di pesi; l’interno della costruzione è cavo, occupato da una o più camere disposte in altezza. In cima vi era una terrazza (ce lo confermano recenti scoperte) alla quale si accedeva per mezzo di scale a chiocciola ricavate entro lo spessore murario. La copertura del nuraghe è a tholos o falsa cupola, costituita da anelli di pietra aggettanti che si restringono verso l’alto (detta anche camera ad ogiva).

L’origine di questo tipo di copertura è probabilmente minoico-micenea, arrivata in Sardegna grazie all’apporto di Achei cretesi e micenei, abili commercianti e navigatori, oltre che grandi costruttori, nel corso dei loro viaggi nel Mediterraneo (pensiamo alle grandi tombe a tholos dove si facevano seppellire i principi micenei, col viso coperto da una maschera d’oro nella Grecia del 1500 av. Cristo).

I nuraghi (il nome deriva da un radicale “nur”, forse di origine preindoeuropea, che significa mucchio, cavità) sono oltre settemila, sparsi in tutta la Sardegna e soprattutto in favorevoli punti strategici e tattici, altipiani, colline, passaggi obbligati tra i monti e le valli fluviali, tutte zone dalle quali si può dominare, importanti punti di osservazione e di difesa del territorio. Infatti il nuraghe, contrariamente alle Thòloi funerarie micenee, aveva una funzione schiettamente militare, di controllo e di protezione anche dei villaggi vicini, come in epoca feudale il castello medievale è nucleo e protezione del borgo e ricovero per le sue genti (Genna Maria -Villanovaforru, Sa Dom’e S’Orcu – Domusnovas, Dom’e S’Orcu – Sarroch, Serrucci – Gonnesa e Santa Sofia – Guspini).

L’evoluzione del genio costruttivo nuragico fu lenta ma grandiosa: nel corso dell’XII-XI-X secolo alla semplice torre si aggiungono altri elementi: mura, bastioni, torri minori, linee difensive terrazzate (Santu Antine di Torralba, Nuraghe Orrùbiu di Orroli, Lughèrras di Paulilàtino, Santa Barbara di Macomer, Losa di Abbasanta, Longu di Cùglieri, Pranu Nuracci-Siris e soprattutto il grandioso complesso di Su Nuraxi di Barumini). Questi corpi di fabbrica sono dotati di tutti i ritrovati tecnici atti alla lotta e al lungo assedio: feritoie, piombatoi, botole etc.; attorno a questi fortilizi, a conferma del loro carattere militare, gli scavi archeologici hanno messo in luce reperti legati alla guerra: lance, accette, asce, spade di bronzo e di ferro, proiettili di fionda e da getto, oggetti comuni ad altre civiltà mediterranee occidentali, che testimoniano una vasta circolazione in questo mare e floridi commerci anche da parte dei popoli nuragici.

I villaggi sono numerosi, un centinaio circa, costituiti da capanne rotonde, anch’esse costruite prevalentemente con la tecnica delle pietre disposte a filari e la copertura di frasche o a falsa volta, preziose testimonianze di civiltà, di vita quotidiana e di organizzazione sociale (villaggio di Su Nuràxi di Barumini, il più grande e il più documentato, Bruncu Màdugui di Gèsturi, Genna Maria di Villanovaforru, Palmavera di Alghero, Serra Orrios di Dorgàli e il villaggio santuario di Santa Vittoria di Serri).

 

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