Provincia di Cagliari: Ambiente & Civiltà  – CAPITOLO II – ARCHEOLOGIA E STORIA

 
Piero Meloni

La Sardegna meridionale nell’epoca punica e romana

 

Dopo aver stabilito, a partire dal 1000 circa av. Cr., scali stagionali nelle coste meridionali ed occidentali della Sardegna, i Fenici cominciarono a creare insediamenti stabili: nel IX-VIII secolo Nora (presso Capo di Pula), Sulci (S. Antioco), Tharros (presso Capo San Marco nella penisola del Sinis), forse Bosa; più tardi Carales (Cagliari) e Bitia (presso la Torre di Chia in comune di Domus de Maria). Gli audaci navigatori partivano dall’Oriente mediterraneo, più precisamente dai centri della costa siriaco-palestinese e da Cipro, alla ricerca di metalli greggi, piombo, argento, ferro, rame, stagno, che trovavano nei paesi d’Occidente e che scambiavano con i prodotti del loro artigianato. La Sardegna rivestiva un notevole interesse in questo quadro: era toccata dalle rotte verso l’Etruria e le regioni meridionali della Gallia e della Spagna; al tempo stesso, offriva le sue notevoli risorse minerarie del bacino dell’Iglesiente. Questo spiega perché furono soprattutto le coste meridionali ed occidentali dell’isola ad attirare l’interesse dei Fenici che, come altrove, scelsero località ove un promontorio consentiva la creazione di due porti da utilizzare a seconda dei venti, oppure isole vicine alla fascia costiera.

Poco dopo iniziava una lenta e metodica penetrazione nella terraferma, allo scopo di rendere sicuri gli insediamenti dagli attacchi dei Sardi e di aprirli a contatti economici con questi ultimi. A documentare la prima finalità è soprattutto la grande fortezza di Monte Sirai, su un altopiano a 200 m. di altezza, presso Carbonia, che fu costruita nei decenni precedenti il 600 dagli abitanti di Sulci a protezione della loro città e del bacino minerario. Allo stesso periodo risale l’impianto della fortezza di Pani Loriga, presso Santadi, linea avanzata di un centro che non si è ancora riusciti ad identificare e che alcuni pongono a Porto Pino, ma anche aperta ad una via di penetrazione che sboccava nelle fertili pianure del Campidano. Nel VI secolo tutti i centri fenici della Sardegna appaiono in una fase di espansione verso il retroterra. Nel frattempo, a raccogliere l’eredità dei Fenici interveniva Cartagine, fondata anch’essa, secondo la tradizione, dai Fenici di Tiro nell’8l4/813, la quale finiva per sostituirsi ad essi nei rapporti economici e nelle influenze culturali. È per questo che spesso appare arduo distinguere, nella civiltà della Sardegna preromana, quanto vi sia di fenicio e quanto, invece, di punico: Poeni chiamavano i Romani i Cartaginesi, da cui, appunto, l’aggettivo punicus.

Intorno al 550 Cartagine iniziava la conquista dell’isola e, dopo alcuni rovesci subiti dal suo generale Malco, la portava ad effetto, se pure in misura modesta dal punto di vista territoriale, prima del 509: un episodio di queste campagne, condotte con asprezza contro i Sardi, fu probabilmente l’attacco di questi ultimi alla fortezza di Monte Sirai la quale, intorno al 550, subi gravi danni, come dimostrano i dati di scavo. Cominciava, comunque, la lenta integrazione sardo-punica della Sardegna in generale e delle regioni meridionali più in particolare: lo attestano i risultati ottenuti dagli archeologi negli scavi di Monte Sirai dopo la ricostruzione della fortezza avvenuta nella prima metà del V secolo, ed in quelli del villaggio nuragico di Barumini. Inoltre, esempio tipico può considerarsi la costruzione, da parte dei Cartaginesi, subito dopo la conquista dell’isola, del tempio di Antas, in territorio di Fluminimaggiore, intorno ad una roccia sacra già venerata dai Sardi, e dedicato a Sid, il loro progenitore divino, il quale finirà per assimilarsi con il Sardus Pater, la divinità indigena che aveva guidato nell’isola i suoi primi abitatori. L’isola continuò ad interessare i nuovi venuti per le risorse minerarie alle quali si aggiungevano le pianure, il Campidano soprattutto, per le colture granarie, e la popolazione, dalla quale proveniva parte dei mercenari arruolati negli eserciti di Cartagine.

 

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