Provincia di Cagliari: Ambiente & Civiltà  – CAPITOLO II – ARCHEOLOGIA E STORIA

Piero Meloni: La Sardegna meridionale nell’epoca punica e romana

 

Questa lenta erosione delle zone collinari non poteva non provocare la reazione delle popolazioni che dalla pastorizia traevano il loro sostentamento; nei periodi di maggiore mancanza di pascoli, esse invadevano le fertili pianure depredando e razziando i cereali raccolti nelle aie, giungendo in qualche occasione a minacciare le stesse città. La nota tavoletta di bronzo trovata nelle campagne di Esterzili è un mirabile documento che attesta questa frequente contesa fra pastori e contadini. Ci è, pertanto, difficile identificare nelle vere e proprie azioni di guerra che venivano intraprese dai fieri indigeni dell’interno, quanto vi fosse di spirito nazionalistico, la lotta, cioè, all’invasore, e quanto di contenuto economico, la difesa, cioè, di una economia pastorale. Al fine di assicurare la protezione del Campidano e delle altre zone impegnate nelle colture granarie per l’approvvigionamento di Roma e della penisola, i Romani non esitarono a chiudere le popolazioni del centro montano entro limiti geograficamente ben definiti, segnati su carte conservate nell’archivio imperiale e marcati, sul terreno, da cippi di confine alcuni dei quali sono pervenuti fino a noi con i nomi dei popoli confinanti.

Al tempo stesso i Romani provvedevano ad intensificare lo sfruttamento delle miniere sarde, soprattutto nella zona dell’Iglesiente, ove sono attestate l’estrazione e la fusione del piombo argentifero. Nel sito di Antas, ove era il tempio del Sardus Pater, sorse un centro abitato che ebbe il nome di Metalla, la città dei metalli. Le località più interessate hanno restituito pozzetti spesso allineati nel senso del giacimento e raccordati fra loro, cumuli di scorie e di materiale di rifiuto, attrezzi per scavo: picconi, scalpelli e, con essi, lampade, tubi di piombo, stampi per scalpelli. Queste località sono quelle di Monteponi, Malacalzetta, S. Giovanni e S. Giorgio presso Gonnesa; meno frequentato risulta il giacimento di Montevecchio. Per la metallurgia del ferro ricorderemo il centro abitato di Ferraria, la stazione prima di Cagliari lungo l’orientale sarda, da porre, probabilmente, presso la località di S. Gregorio. Il rame, infine, era estratto nella miniera di Funtana Raminosa, presso Gadoni.

Ci sono giunte alcune notizie sullo stato giuridico delle miniere sarde. Una volta che esse passarono in mano romana, divennero proprietà dello stato e, durante l’impero, fecero parte dei beni della corona, poste sotto l’amministrazione di procuratori imperiali. A noi sono pervenuti due pani di piombo con l’indicazione degli imperatori proprietari della miniera, rispettivamente Augusto (27 av.Cr. – 14 d.Cr.) e Adriano (117-138). Solo qualche scarno riferimento è fatto nelle fonti ai lavoratori impiegati nell’estrazione dei minerali, per lo più schiavi, ed ai funzionari amministrativi; la vita dei primi doveva essere estremamente dura ed il lavoro nelle miniere costituiva una pesante condanna; essa fu inflitta, nel III secolo, a numerosi cristiani che vennero deportati in Sardegna: fra questi, papa Ponziano, che vi trovò la morte nel 235.

Come abbiamo già accennato, durante i circa sette secoli della dominazione romana, la Sardegna subì un profondo processo di romanizzazione, processo che vide interessate soprattutto le regioni meridionali dell’isola: le grandi pianure e le città della costa, Cagliari e Nora soprattutto, conobbero un notevole sviluppo urbano. La romanizzazione procedette anche su altre strade parallele: chiamando Sardi appartenenti a ceti abbienti a responsabilità amministrative ed economiche; solcando l’isola con una fitta rete stradale, arruolando Sardi nelle forze armate. Non abbiamo attestazioni di Sardi inseriti nelle alte cariche nella burocrazia imperiale, ma sappiamo che molti di loro ebbero la concessione della cittadinanza romana, allora estremamente ambita dai provinciali, dapprima singolarmente, come è documentato per l’ultimo secolo della repubblica, più tardi collettivamente, per interi centri abitati: così Carales divenne un municipio di cittadini romani, molto probabilmente ad opera di Cesare che nella città soggiorno dodici giorni, nel 46 av.Cr., di ritorno dalla vittoria sui Pompeiani a Tapso, in Africa; la stessa condizione giuridica fu fatta poco dopo a Nora e, probabilmente nel corso del I secolo d.Cr., anche a Sulci. In tal modo si creavano non solo interi centri sardo-romani, ma oligarchie municipali di Sardi, profondamente legate ai conquistatori, intente alle attività commerciali ed artigianali ed allo sfruttamento dei latifondi in funzione dell’economia della penisola italiana e di Roma in particolare.isticamente accogliendo popolazioni vicine, si abbellivano di edifici pubblici e privati, lastricavano strade e piazze, si davano servizi estremamente efficienti. Nel V secolo inizia la lenta decadenza. Tagliata fuori dai secolari rapporti con la penisola, investita da incursioni di pirati e di Vandali, l’isola finirà per cadere sotto questi ultimi nel decennio fra il 456 e il 466.

 

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