Decorazioni del Palazzo Viceregio di Cagliari – La personalità artistica di Domenico Bruschi

 

 

Sala del Consiglio - D. BRUSCHI: Alfonso il Magnanimo raduna le Corti (partic.) Foto: Guido Costa, Cagliari

Sala del Consiglio
D. BRUSCHI: Alfonso il Magnanimo raduna le Corti (partic.)
Foto: Guido Costa, Cagliari

Un segno caratterizzante del Bruschi in questo momento fu, infatti, la sua disposizione di fondo a tradire piuttosto spesso la solida educazione scolastica e i buoni propositi di aggiornamento serio, spinto da una sensualità schietta, che s’incontrò senza sforzo con la riforma di Nino Costa nell’ambiente romano di «In Arte Libertas», e lo pose curiosamente quale anticipatore della rutilante pittura di Giulio Aristide Sartorio.

Evidentemente, dopo la presa di Roma e la sua costituzione in Capitale, il giovane Bruschi venne favorito dalla sua partecipazione alle lotte dell’unificazione nazionale. Iniziò infatti proprio nella Capitale una carriera che andò avanti senza scosse sino al massimo riconoscimento dell’Accademia di S. Luca. Ebbe la cattedra di ornato alla scuola di belle arti e quasi contemporaneamente cominciò a ricevere le prime commissioni pubbliche importanti.

Ebbe così l’incarico di decorare alcuni ambienti del Senato e di Montecitorio a Roma; a Perugia vinse il concorso per le decorazioni della sede della Provincia e degli appartamenti del Prefetto. Lavoratore pronto e infaticabile, sempre a Roma, decorò la cappella del Granduca di Toscana e la sagrestia nella Basilica dei Santi Apostoli; in seguito, la benevolenza della Corte gli procurò altri incarichi: fu chiamato a decorare ambienti del Quirinale e a eseguire ritratti.

Altra grande e lodatissima impresa fu, in seguito, la decorazione della sala delle adunanze di Palazzo Corsini, sede dell’Accademia Nazionale dei Lincei. Tutti segni evidenti, questi, di una fortuna che lo seguì per tutta la vita, facendone una personalità artistica di rilievo nazionale, che si è come vanificata dopo la morte, avvenuta nel 1910, in un oblio giustificato, è vero, dall’insorgere della rivolta delle arti nel mondo contemporaneo, ma forse più punitivo del meritato.

Sala del Consiglio - D. BRUSCHI: I Romani assaltano gli Iliesi (partic.) Foto: Guido Costa, Cagliari

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D. BRUSCHI: I Romani assaltano gli Iliesi (partic.)
Foto: Guido Costa, Cagliari

Gran parte di queste opere romane non esistono più o permangono piuttosto deteriorate. Si conserva invece ancora intatta. la raffigurazione decorativa della Sala Consiliare della Provincia di Perugia, che presenta, nei tondi figurati, una chiara memoria del Purismo alla Minardi, ma anche, verosimilmente, quei richiami quattrocenteschi cosi in voga tra i preraffaelliti. Si colgono, infatti, una decisa semplificazione dell’immagine, campiture luminose con sfondi appena increspati e un voluto linearismo ben segnato e teso al gioco delle superfici, che si armonizza con l’arabesco astratto degli ornati.

Una diversa concezione sia del partito decorativo, sia della scena figurale appare nella cappella dei Santi Apostoli. Qui la decorazione consiste in due distinte partiture. La prima concerne le pareti perimetrali, sulle quali si distende il motivo illusionistico di ricchi tendaggi colorati in oro e cobalto (accostamento piuttosto ricorrente nel Bruschi); la seconda si sviluppa in alto, staccata da incorniciature di finto legno, attraverso riquadri disposti in sequenza, nei quali sono raffigurate, in toni drammaticamente contrastati, scene esemplari della vita di S. Francesco d’Assisi. È, quindi, il distacco pittorico da parte del Bruschi dai modi del generico purismo quattrocentista (omaggio oltretutto alla mai dimenticata grande scuola umbra), per aggredire romanticamente la «storia» concentrandola in alcuni efficaci recitativi e per caricarla, attraverso impasti cromatici più densi e accensioni calde e repentine, di pathos e di generici contenuti emotivi.

 

Non è qui il caso di accennare, neppure di sfuggita, alle altre opere di Domenico Bruschi, comprese le interessanti tele con ritratti femminili, quali si possono osservare, quasi dimenticate, all’Accademia di Perugia. Si può appena aggiungere che, in linea di massima, nelle opere da cavalletto il naturalismo e la fedeltà al vero risultano espressi più esplicitamente; al contrario nel disegno, quando anche diventa descrittivo, emerge il carattere tradizionale accademico quale fondamento di ogni figuralità.
 

 

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