Il Viceré del Bastione – Tra clero e nobiltà
La diffidenza verso le autorità piemontesi si sposò con la naturale inclinazione per la Spagna, che nasceva da una conformità di linguaggio, costumi e modi di vivere, consolidatasi da lungo tempo. È logico dunque che continuassero a circolare notizie a proposito di un imminente ritorno degli Spagnoli, sparse dai loro simpatizzanti, tra i quali figurava innanzitutto il marchese di Villarios, prima voce della nobiltà. Nell’ottobre 1722 un informatore lo descriveva così: “Questo è geniale spagnolo. In Sassari è stimato, non ostante che abbia molti parenti di bassa qualità. Al vederlo si giudica per uomo semplice e senza spirito, ma la di lui fisionomia inganna, perché e scaltro e dei più simulati del Regno”[151]. Benché secondo il Pallavicino le simpatie per la monarchia iberica fossero dettate soprattutto dal fatto che i sardi si vedevano “senza apparenza di ottenere qualche sussistenza”, la corte torinese non ritenne opportuno per il momento di largheggiare in cariche e onori, limitandosi a chiedere nell’aprile 1722 l’invio da parte del viceré di “uno stato di quegli impieghi sopra dei quali si possono mettere pensioni, come pure delle regole che in riguardo praticavano gli Spagnoli”[152].
Né fu risolto il problema più grave che affliggeva i nobili isolani, vale a dire i bisogni finanziari, determinati dalla cronica carenza di denaro, che li costringeva a contrarre debiti impossibili poi da pagare, per i quali Vittorio Amedeo II concedette poche e limitate proroghe. Il governo sabaudo si rivelò infatti disposto soltanto a concedere titoli per il cui conferimento o per la cui conferma i richiedenti erano in grado di pagare o di dare qualcosa in cambio. Così per esempio avvenne nel caso del marchese di Thiesi, che nel 1722 ottenne il titolo di generale della cavalleria del Regno e la croce dell’Ordine di San Maurizio e Lazzaro dietro la cessione della contea di Sedilo al demanio regio[153].
Atti come questo non fecero che accentuare la ricerca della distinzione da parte dei maggiori esponenti della nobiltà, che in mancanza di altre attestazioni del favore sovrano, tentarono in questo modo di aumentare il proprio prestigio. Il già citato marchese di Thiesi, aiutato anche dalla protezione del Saint Remy, chiese che gli venisse riconosciuto il titolo di “Eccellenza”, il che provocò una lite con i consiglieri della città di Cagliari[154]. Il favore concesso dalla corte ad alcuni membri del ceto nobiliare, indusse anche il viceré a cambiare in parte il proprio atteggiamento, tanto che nel novembre 1722 egli era impegnato a fare “molte cortesie a questa nobiltà, molti dei quali dicono che vuol procurarsi in tal forma la conferma, nonostante che abbia supplicato V.Maestà per ripartire”[155].
L’azione del Saint Remy rimase però nel complesso contraddittoria e continuò a suscitare le proteste di una parte della nobiltà. Nell’aprile 1723 il giudice Maino stigmatizzava l’operato del viceré, criticandone le simpatie verso alcuni membri dell’aristocrazia e sottolineando la differenza rispetto a quanto praticato dai suoi predecessori spagnoli. In passato, notava il magistrato, i viceré avevano trattato tutti i nobili allo stesso modo, “senza mostrare alcuna parzialità, per non renderli tra loro gelosi, come si È sperimentato nel Governo del Barone di S. Remy, che per dimostrarsi propenso al marchese di Thiesi ed al Capitano della Guardia (Francesco Cervellon), ha ingelositi gli altri”, fra i quali veniva citato il conte del Castiglio Felice Nin, potente feudatario della Gallura[156]. Guardando i nomi dei “favoriti” del barone, si ha in effetti l’impressione che a dispetto delle istruzioni avute da Torino egli si fosse mostrato più incline ai filoaustriaci, penalizzando in qualche modo i fautori della Spagna”. Comunque sia, allo scadere del mandato triennale del Pallavicino la questione dei rapporti tra il potere sabaudo e l’aristocrazia sarda era ben lontana dall’aver trovato una soluzione e costituiva uno dei problemi irrisolti, che egli avrebbe lasciato in eredità al successore l’abate Doria del Maro.
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