Il Viceré del Bastione – Pace, quiete e tranquillità perfetta
L’importanza di tale carica era stata sottolineata dal Supremo Consiglio fin dal febbraio 1722, quando ricordava che “Sogliono li Baroni assenti dal Regno stabilire i Regidori per i loro feudi e questi come suoi Procuratori fanno tutte quelle parti che farebbero gli stessi Baroni se fossero nel Regno. Siccome però essi Regidori sono aderenti ai loro Principali e per lo più seguitano il loro genio, così l’uso è stato negli ultimi Governi che i Viceré, sospettando di qualche d’uno di essi Regidori, ne mettevano un altro che loro fosse parso ben affetto et in tal conformità si ha avviso che abbia praticato il Barone di S.Remy”[180]. Costui dunque, ispirandosi a quanto fatto dai suoi predecessori, aveva proceduto dapprima a una nomina provvisoria e poi nell’autunno 1722 aveva inviato a Torino una lista dei candidati da lui ritenuti meritevoli di ricoprire definitivamente l’ufficio.
Vale la pena di riportare la lunga lettera inviata al ministro Mellaréde, con cui il Pallavicino commentava le scelte operate, perché pur tradendo alcuni pregiudizi che ne condizionarono il giudizio, esprime comunque la sua buona fede[181]. Il barone iniziava, ricordando che “Gli Stati dei Magnati che sono fuori da questo Regno sono quelli dove avvengono più disordini e crimini” e che aveva dovuto perciò “cercare persone dotate di dottrina, integrità e di un certo nome”. “Dopo aver ben cercato tanto in questa città, come nelle altre del Regno”, continuava il nobile piemontese, “ho trovato più idonei per questo impiego Don Giovanni Maria Savona di Iglesias per Tempio, Don Giuseppe Corria, anch’egli di Iglesias per Orani; e avendo pensato che Don Francesco Cadello, uomo dotto, retto e di buona coscienza non può da solo governare gli Stati del Marchese di Quirra, che comprendono circa centocinquanta terre, gli ho fatto capire che occorre un buon Regidor nella Contea di Monteacuto, al posto di chi c’è, che non e affatto adatto a questo incarico, e gli ho proposto Don Agostino Salazar d’Iglesias…e per tutta la Contrada d’Ogliastra Don Salvatore Madau di Cagliari. Ho fatto la stessa cosa per gli Stati del Duca di Mandas e ho proposto Don Francesco Cao di questa città come Regidor della Barbagia Belvì e della Barbagia Ollolai”.
Il Saint Remy continuava, informando di non avere “toccato gli Stati di Villacidro e Palmas, perché Don Diego Ruxotto, uno dei più abili avvocati di questa città, li governa molto bene, allo stesso modo succede per quelli di Villasor, che sono governati da Don Pedro del Sorribo, uomo onesto, mentre quelli di Laconi sono governati da Don Geronimo Aquenza e dall’avvocato Agostino Fulgheri”. Poteva comunque affermare che, “avendo preso tutte queste disposizioni per cercare di rimediare ai furti e omicidi, che sono terribili e continui in questo Regno, non dirò a V.Eccellenza che vi ho interamente rimediato, ma tutto il Regno potrà ben dire che tutti questi crimini sono alquanto diminuiti, e che a poco a poco si rimedierà al male più grande, perché per il piccolo non ci sarà alcun rimedio, giacché questo popolo e mal inclinato e ha un che di barbaro”.
Nonostante l’opinione poco lusinghiera nei confronti dei sardi, egli affermava che “Tutti questi Regidores sono persone di ottima qualità, uomini d’onore e dotati d’intelligenza, qualcuno tra loro è tra i migliori avvocati che ci sono; finora hanno fatto meraviglie e i delitti sono diminuiti. Non mi dilungherò a farne l’elogio; il marchese di Villaclata e il Reggente Galcerino possono se vogliono rendere loro giustizia, perché li conoscono personalmente. lo posso assicurare V.Eccellenza che essi sono irreprensibili”. Nel difendere l’immagine di quegli uomini, il Pallavicino difendeva in effetti se stesso e la politica che aveva finora portato avanti, verso la quale si erano levate molte proteste, che lo lasciavano amareggiato. “Ciò che mi colpisce profondamente”, concludeva, “dopo aver fatto il possibile per introdurre un po’ di moderazione in questo Regno, è il fatto di vedere rovinata in un momento un’opera che mi è costata molto, cioè l’aver trovato dei buoni Regidores”.
L’azione del viceré aveva infatti suscitato numerose proteste, in quanto veniva giudicata illegittima e lesiva dei diritti dei feudatari, dal momento che in molti feudi esistevano già degli ufficiali, i podatari, incaricati dal signore dell’amministrazione contabile e giudiziaria, i quali avevano il potere di nominare a loro volta dei sostituti con funzioni giurisdizionali. Un’iniziativa viceregia non veniva ben vista nemmeno dalla corte torinese e nel novembre 1722 il Mellaréde aveva scritto al Pallavicino, ricordandogli che il re voleva sì stabilire dei regidores, ma seguendo le procedure osservate in passato[182]. Ancora una volta si contestava al barone l’eccessiva intraprendenza, che lo portava spesso ad agire senza tener conto delle circostanze e delle indicazioni del governo centrale.
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