Atti del convegno Le Genti di Monte Claro • Dal Neolitico al Ventunesimo secolo

 
 
Ida Farci

La parrocchiale di San Pietro apostolo a Pirri erede del culto di Santa Maria Chiara

 

Fig 1, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, esterno.

Fig 1, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, esterno.

Ad accogliere il simulacro di Santa Maria Chiara, o de Claro, esule dalla sua chiesa, ormai in rovina ed abbandono, situata ai piedi del colle omonimo, fu la chiesa di San Pietro apostolo, la parrocchiale più antica di Pirri. (fig. 1)
Si trova nella via Chiesa, preceduta dal sagrato che, sino al 1913, costituiva parte dell’antico cimitero circostante; ormai entro l’abitato, era sino agli anni cinquanta ancora in sul confine del popolato, come la descrisse nel 1840 Vittorio Angius nel suo Dizionario[1].
Quale storia il San Pietro apostolo?
Ho cercato di ricostruirne le vicende più importanti attraverso informazioni tratte da studi editi – quali M. Corda 1987[2] e M. R. Lai 2006[3] -, numerosi inediti d’archivio, principalmente atti notarili, e lettura stilistica; quest’ultima, però, avrebbe potuto essere molto più esaustiva se avessi avuto l’opportunità di osservare l’edificio durante gli ultimi lavori di restauro. Con i muri liberati dall’intonaco e con qualche saggio di scavo sarebbe stato, infatti, possibile notare eventuali riprese murarie, reimpiego di materiale di spoglio ed antiche fondazioni.
ln base alle notizie attuali, ritengo che la chiesa sia stata edificata nel sito della preesistente, i cui Quinque Libri risalgono al 1581 ma che troviamo già menzionata nel 1442, quando, nel legato di un certo Antonio Pol, vengono definiti romitaggi sotto la sua giurisdizione le chiese rurali di Santa Maria Chiara e di San Nicolò[4]. Nel 1604, in occasione della visita pastorale, il vescovo di Cagliari Alonso Lasso Sedeño ordinò: Que se passe adelante en la fabrica dela isglesia porque es may pequeña y no cabe la gente?
La ricostruzione era già iniziata o, più verosimilmente, il prelato ordinava che si desse finalmente inizio alla fabbrica?
Con certezza, risulta soltanto che nel secondo decennio del Seicento i lavori erano in atto.

Fig 2, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, interno.

Fig 2, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, interno.

Infatti, un contratto rogato a Cagliari il 23 luglio 1619 riferisce che si stava procedendo alla costruzione dell’unica navata, che si presenta scandita da quattro archi diaframma, di cui il primo a tutto sesto, gli altri a sesto acuto. (fig. 2) Con esso, i picapedrers Monserrato Marras, di Lappola, e Pietro Sarigu, di Villanova, su incarico del mons. Dottor Giovanni Atzori – decano della cattedrale di Cagliari con le prebende di Villanova, Pauli, Pirri e Cepola – si impegnarono a fare, in pietre lavorate, due arcate simili a quella esistente e, in pedra e calcina e spesse quanto i muri già costruiti, le pareti comprese tra di esse[6] I lavori continuarono dopo un ulteriore atto del 23 dicembre dello stesso anno, stipulato tra Gerolamo Fanti, procuratore della villa di Pirri, ed i maestri Pietro Sarigu ed Antonio Fano, cagliaritani di Villanova, ai quali fu affidata la realizzazione di un altro arco e del muro compreso tra esso ed il precedente, dove avrebbero ricavato delle arcadetas[7].
Il riferimento alla costruzione di archi più piccoli nei muri perimetrali della campata fa supporre la preesistenza di due cappelle, verosimilmente quelle menzionate nell’inventario redatto nel 1599 in occasione della visita pastorale di mons. Sedeños[8]. Le cappelle[9] insistevano, con tutta probabilità, nel sito delle attuali terza a destra e terza a sinistra – che, simili tra loro, formano una sorta di breve transetto – poiché ritengo si debba identificare con una di esse (forse la sinistra) quella, dedicata a San Pietro, che nel 1761 fu resa più profonda e dotata di volta a botte[10]. Le prime quattro cappelle (due per lato), costruite ex novo nel corso del Settecento, sono, infatti, coperte da cupole barocche; mentre le ultime due (la quarta a sinistra e la quarta a destra), pur essendo voltate a botte, furono edificate, la prima, nell’Ottocento, l’al tra nel 1920-30, ricavata al posto della sacrestia seicentesca sostituita negli stessi anni dall’odierna, situata a destra del presbiterio[11].

Fig 3, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, presbiterio.

Se avvenne come qui si ipotizza, la fabbrica procedette dalla facciata, di cui non abbiamo nessuna informazione poiché venne rifatta in forme barocche nel 1764 – 65[12]. Benché non si abbia alcuna notizia documentaria a proposito, è logico ritenere che, dopo la costruzione degli archi suddetti, i lavori siano andati avanti con la demolizione dell’antica cappella presbiteriale (forse conservata sino all’ultimo per consentire il più possibile la frequentazione liturgica), la realizzazione della copertura – in legno, come si deduce da un atto notarile del 1761[13] -, del nuovo presbiterio, voltato a botte e comunicante attraverso un arco a tutto sesto con la navata, e, infine, della sacrestia, a destra dell’aula. (fig. 3)
Al tardo Seicento è ascrivibile anche la torre campanaria a canna quadrata percorsa da specchi rettangolari incassati tra le paraste d’angolo, monofora ogivale nella cella campanaria, terminale a balaustra traforata e, in origine, copertura piramidale, sostituita nell’Ottocento[14] con la cupola che ancora si conserva.
La parrocchiale fu dunque ricostruita secondo modi gotico – catalani e classicisti, espressi, i primi, nella navata e nel campanile; gli altri nel presbiterio.
Navata unica con copertura lignea su archi diaframma ogivali furono realizzati per la prima volta dai catalano – aragonesi nella chiesa di Nostra Signora di Bonaria nel 1324 – 25, mentre dalla cittadella forti ficata da loro costruita nel colle omonimo cingevano d’assedio il Castello di Cagliari; l’odierna copertura del santuario, a botte spezzata percorsa da sottarchi, costituisce un rifacimento tardo (sec. XIX) di una volta cinquecentesca[15].
Essi furono costantemente ripetuti nei tre secoli successivi, prima di tutto, contrariamente a quanto ritenuto finora, nel San Giacomo di Cagliari, parrocchiale della Marina ricostruita nei primi decenni del ‘400 sulla preesistente, documentata dal 1346[16]. Infatti, il 2 agosto 1762, i sindaci di Villanova – il dott. in legge Eugen Boi (sindaco in capo), il notaio Agustin Cara (sindaco II) ed il maestro carpentiere Juan Mura (sindaco III) – s’impegnarono a rifare il primo cavallo armado della copertura della chiesa, situato subito dopo l’ingresso principale, e il tejado con las bijas[17]. Successivamente la copertura fu sostituita con l’attuale volta a botte sottesa da archi doubleaux.
Tra le numerose altre chiese, ricordiamo il San Pietro di Assemini (sec. XVI)[18], il San Francesco d’Iglesias[19] (sec. XVI), il San Giorgio di Perfugas (sec. XVI)[20], Nostra Signora del Rosario a Samassi[21] (1584) e le parrocchiali, più o meno contemporanee al San Pietro di Pirri, di San Leonardo a Serramanna (edificata sulla precedente, romanica, tra la fine 500 ed i primi del ‘600)[22] e di San Biagio a Dolianova, per la quale il picapedrer Monserrat Lay di Villanova ricevette, il 18 ottobre 1609, 330 lire, oltre le altre 330 già avute per aver realizzato las parets y las arcadas[23]. Nello stesso arco di tempo, inoltre’, tetti lignei su archi diaframma sostituirono fatiscenti coperture di chiese romaniche, come avvenne nel San Pietro di Ponte a Quartu (1280-300) presumibilmente ai primi del Seicento[24].

Fig 4, Cagliari, parrocchiale di San Giacomo, campanile (foto tratta da P. Segni Pulvirenti - A. Sari, Architettura tardo gotica e di influsso rinascimentale, Nuoro 1994, p. 38).

Fig 4, Cagliari, parrocchiale di San Giacomo, campanile (foto tratta da P. Segni Pulvirenti – A. Sari, Architettura tardo gotica e di influsso rinascimentale, Nuoro 1994, p. 38).

La torre campanaria, nella parte più antica, costituisce una tarda derivazione di canoni affermatisi a Cagliari nel 1438-42 con il campanile del già menzionato San Giacomo[25] (fig. 4) della Sant’Eulalia, parrocchiale della Marina, modificato nel 1919[26], e della chiesa stampacina di Sant’Anna, ricostruita su progetto dell’architetto piemontese Giuseppe Viana nel 1785 – 1818[27].
Il campanile del San Giacomo, che ancora si conserva, è, infatti, a canna quadrata con specchi rettangolari incassati tra le paraste d’angolo, presenta finestre a sesto acuto e terminale sottolineato da una balaustrata in pietra traforata. Qriginariamente lo sovrastava un cupolin (documentato dal 1640)[28] con i quattro spigoli rivestiti di tegole verniciate accuratamente unite tra loro e impostato su quattro pilastri in pietra, che nel 1762 fu ricostruito, per 133 scudi, uguale e con materiali della stessa qualità, dai muratori Salvador Cardu e Francisco Mura e dal carpentiere Bauptista Urru[29].

Fig 5, Sestu, parrocchiale di San Giorgio, prospetto principale prima della demolizione della copertura cuspidata (foto tratta da R. Serra in Atti del XIII Congresso di Storia dell'Architettura (Sardegna), Roma 1966, vol. II, p. 207).

Fig 5, Sestu, parrocchiale di San Giorgio, prospetto principale prima della demolizione della copertura cuspidata (foto tratta da R. Serra in Atti del XIII Congresso di Storia dell’Architettura (Sardegna), Roma 1966, vol. II, p. 207).

Caratteristiche simili presentano, o presentavano, la maggior parte dei campanili del meridione isolano del Quattro – Seicento, tutti derivanti dagli stessi prototipi. Ricordiamo quelli delle parrocchiali di San Giorgio a Sestu[30] (sec. XVI) (fig. 5), San Pietro di Assemini (sec. XVI), Santa Barbara a Sinnai, San Biagio di Villasor, San Pietro di Settimo S. Pietro, Sant’Ambrogio di Monserrato e della Vergine Assunta a Selargius, dei quali riporto, di seguito, alcune notizie sinora inedite.
Molto interessanti sono le vicende del campanile di Sinnai, anche perché l’atto di commissione restituisce, tra l’altro, caratteristiche della parrocchiale cagliaritana della Marina, oggi, come si è già detto, non più apprezzabile nelle sue linee originarie. La torre sinnaese fu realizzata dai picapedrers Bartomeu Marras e Antoni Pixella per incarico dato l’otto settembre 1568 dagli obrieri della chiesa e dal nobile don Iaime Aimeric, procuratore del canonico Iuan Aimeric; i maestri realizzarono, inoltre, la cappella ad essa sottostante, dedicata more solito alle Anime del Purgatorio, il portale principale della chiesa, entrambi simili per desiderio dei committenti alle analoghe strutture della Sant’Eulalia, e parte della volta dell’aula[31]. La sua copertura piramidale, in cattive condizioni, fu rifatta nel 1616 sul modello di quella del campanile di Sestu[32] e quindi sostituita con una cupola nel 1799, quando fu anche sopraelevato. Quest’ultima parte crollo nel 1862 e l’antica torre campanaria, di cui restavano solo 13 metri, fu quasi interamente ricostruita nel 1870 secondo il progetto dell’architetto Giuseppe Cappai. Di essa si conservano ancora la cappella sottostante e antiche immagini[33].
Il contratto per la costruzione del campanile di Villasor fu stipulato il 14 aprile 1575 tra mons. Joan Ferrer, canonico della cattedrale di Cagliari con la prebenda di Sanluri e Villasor, ed il picapedrer di Stampace Jord Marras. Il Marras s’impegnò a portare a termine, con pietre delle cave di Cagliari, la fabbrica della parrocchiale. Avrebbe dovuto cioè innalzare, adiacente al prospetto principale, il campanile, di cui avrebbe fatto la copertura (lo papallo) attenendosi alle prescrizioni del canonico; avrebbe inoltre realizzato il rosone nella facciata, da cui avrebbe eliminato la rosa esistente, da sistemare in un lato della parete frontale del presbiterio[34].
La fabbrica del campanile di Settimo ebbe inizio nel 1627, come risulta da un’iscrizione ad esso apposta esternamente. La costruzione fu portata a termine soltanto nel 1673, dopo un’interruzione dei lavori; in quell’anno, Miali Cara, procuratore della parrocchiale, si accordo con i talladors de pedra di Villanova Antony Toco e Alexi Siccy per acquistare dalla loro pedrera cagliaritana tutti i conci necessari per ultimare l’opera[35].

Fig 6, Settimo San Pietro, parrocchiale di San Pietro Apostolo, prospetto principale (foto tratta da P. Segni Pulvirenti - A. Sari, Architettura tardo gotica e di influsso rinascimentale, Nuoro 1994, p. 43).

Fig 6, Settimo San Pietro, parrocchiale di San Pietro Apostolo, prospetto principale (foto tratta da P. Segni Pulvirenti – A. Sari, Architettura tardo gotica e di influsso rinascimentale, Nuoro 1994, p. 43).

La parte terminale fu modificata ed innalzata tra il 1778 ed il 1781 con la realizzazione dell’attuale cupola barocca disegnata dall’architetto luganese Carlo Maino. In un registro di Causa Pia, custodito nella parrocchiale, troviamo puntualmente registrate le spese sostenute per i lavori[36] (fig. 6). Il 24 maggio 1619, i maestri Giuliano Caria e Sisinnio Secci, picapedrers di Stampace, s’impegnarono, con il canonico Juan Atzori, canonico della cattedrale di Cagliari, per la costruzione del campanile del Sant’Ambrogio a Monserrato, da fare simile a quello della chiesa cagliaritana di Sant’Anna a Stampace[37]. Nel 1772, Joseph Boy, albanil cagliaritano, incaricato dal procuratore della parrocchiale Andrey Pichau de Geronimo, ne ricostruì, secondo il disegno concordato e per 350 scudi, la copertura piramidale ed i pilastri su cui era impostata[38]. Il 9 aprile 1646, i picapedrers di Villanova Pere Ambrogio Cucuro e Baptista Serra sottoscrissero il contratto per la costruzione, in base al disegno stabilito, della facciata e del campanile della Vergine Assunta a Selargius, da farsi simile alla torre campanaria del San Giacomo e, come questa, tutto in pietra[39].
Presbiterio rettangolare voltato a botte, simile a quello del San Pietro apostolo, presentano invece alcune chiese costruite tra la fine del ‘500 ed i primi del ‘600 in seguito ai dettami del Concilio di Trento (1545-1563), quali, a Cagliari, Santa Chiara[40] (primi sec. XVII), Santa Restituta[41] (1637-1640), Santa Teresa[42] (post 1623) e San Francesco da Paola, presumibilmente già ultimata nel 1642 quando la “Comunità religiosa del San Francesco di Paola” chiese al vescovo di poter, nella navata, tener focultad de enterrar de algunos diffuntos devoti al Santo[43].

Fig 7, Sorgono, parrocchiale di San Mauro, interno (foto tratta da V. Mossa, Dal Gotico al Barocco in Sardegna, San Casciano 1982, p.113).

Fig 7, Sorgono, parrocchiale di San Mauro, interno (foto tratta da V. Mossa, Dal Gotico al Barocco in Sardegna, San Casciano 1982, p.113).

Nella fabbrica seicentesca, dunque, come suddetto, furono giustapposti elementi d’estrazione tardogotico – catalana e classicisti, secondo un gusto peculiare, in quel secolo, alla nostra Isola. Il San Pietro apostolo trova un confronto, per esempio, nel San Mauro di Sorgono, dove il presbiterio rettangolare voltato a botte comunica tramite un arco a tutto sesto con l’unica navata coperta da volta a botte spezzata su archi ogivali gotico – catalani[44] (fig. 7).

 

 

Ben documentati sono alcuni importanti interventi attuati nel Settecento, con i quali la chiesa assunse più o meno l’aspetto odierno.
Il 20 ottobre 1761 il reverendo Geronimo Simoni, curato della chiesa, incaricò i maestri muratori cagliaritani Francesco Manca e Sisinnio Guiso del rifacimento del tejado de la parroquial iglesia….que hoy es de tabla, con la realizzazione di una boveda ridonda de matones y cantos a proporcion como suelen haser dichas bovedos. Ai due albaniles affidò inoltre la ricostruzione della capilla dedicada al apostolo San Pedro Patron de dicha Parroquial, a boveda como y en la mesma manera y materiales que estan obligados hazer la del cuerpo de la iglesia. La cappella avrebbe avuto otto palmi di profondità, larghezza come la preesistente, altezza e nicchia uguali a quelle delle altre cappelle. Il lavoro fu realizzato in quattro mesi e per 150 scudi, equivalenti a 1375 lire[45].
Il due ottobre 1764, il Manca, cagliaritano residente a Quartu e sposato con una quartese, stipulò un altro atto, in questo caso con Monserrato Vacca, procuratore della parrocchiale, per hazer, in base al disegno allegato e sottoscritto dalle parti, la fachada y la puerta mayor. La facciata, da eseguirsi a regola d’arte, venne prevista larga 32 palmi e alta 45 palmi, circa 3 palmi in più della copertura della chiesa, tutta in canteria blanca de buena calidad y dela mejor que se halla en esta dicha Ciudad, y de la mesma canteria del campanario.

Fig 8, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, prospetto principale, portale.

Fig 8, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, prospetto principale, portale.

Il portone sarebbe stato invece de cantos amarillos de pedra faerte, lavorati a la marmoresca y alissados, e sovrastato da un arco di scarico che alleggerisse il peso della muratura. A regola d’arte sarebbero state realizzate le due lesene e la ventana – i cui infissi sarebbero stati in legno chiaro come anche quelli del portale – ed il concatenamento murario con il campanile e con le pareti laterali (fig. 8). Il Manca, di cui sono noti altri lavori, quali l’oratorio delle Anime a Quartu (1764-65), s’impegnò a concludere entro il mese di maggio 1765 e per 400 scudi, pari a 1000 libbre. Morì però nel 1765 poco prima di finire l’opera, portata a termine dai maestri Gregorio Serra, Ignazio Pinna, cagliaritani, e Giuseppe Puddu ed Ignazio Orrù, quartesi, dopo un sopralluogo effettuato il 15 novembre 1765 con Salvador Carta ed Ignazio Cara, periti nominati dalla parrocchiale[46].
La facciata è bipartita da una cornice marcapiano modanata. L’ordine superiore, più breve, presenta un terminale a duplice inflessione e ospita al centro un oculo con circonferenza seghettata. Il primo ordine è diviso in tre specchi da due lesene. Nello specchio centrale si apre il portale rettangolare, circoscritto dalla bella cornice, de cantos amarillos de pedra fuerte lavorati a la marmoresca y alissados, interrotta al centro del lato superiore da un mascherone e da elementi fitomorfi che la collegano alla finestra soprastante inscritta in un arco a tutto sesto simile a quelli, più piccoli, delle due nicchie che la fiancheggiano ospitate negli specchi laterali, in asse con due porte lunettate murate dopo il 1930.
Il portone ligneo, non più esistente – è stato sostituito nel 1912 con l’attuale, liberty[47] – fu realizzato dal bravo carpintero Antiogo Casula, autore, tra l’altro, della paratora della basilica di Sant’Elena a Quartu (1784) e della sontuosa bussola del San Giorgio a Sestu (1770)[48]. Elegante nella sua semplicità, la facciata costituisce una versione “planarizzata” di formulari barocchi, secondo modi peculiari all’Iso1a, come si riscontra, per esempio, nel prospetto principale della parrocchiale di Santa Barbara a Senorbì, eseguito nel 1773[49].

Nel 1777 il muratore cagliaritano Giuseppe Boi realizzò la cripta sottostante la navata centrale – cui si accede da una botola aperta presso la bussola – dopo l’incarico conferitogli il 24 luglio dal reverendo Antioco Serra, procuratore delle chiese di Cagliari e rappresentante della parrocchiale di Pirri. In base al contratto, s’impegnò ad eseguire, entro il 1777, varios precisos y indispensables aconchos…comes hazer el carnero, sacar la tierra hecharla, qual carnero tendra de largaria 60 palmos, de ancharia 16 palmos en limpio y de altitud 12 palmos de el cielo dela boveda al pavimento …. haziendo dos ventanas, dos rejas de hierro, la puerta grande con la escalera de pisarras de pietra fuerte, ladrillamento del cuerpo de la iglesia y capillas y presbiterio…[50] (figg. 9 – 10).

Fig. 9, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, cripta.

Fig. 10, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, cripta.

Fig. 10, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, cripta.

Fig.11, Sinnai, parrocchiale di Santa Barbara, cripta.

Fig.11, Sinnai, parrocchiale di Santa Barbara, cripta.

La cripta, parzialmente restaurata di recente, conserva in gran parte le forme originarie ed è in tutto simile al carnero, di minori dimensioni, della parrocchiale di Santa Barbara a Sinnai, costruito nel 1761 in analoga posizione[51] (fig. 11). Un carnero con le stesse caratteristiche è stato restituito anche dagli scavi archeologici condotti nella parrocchiale di Sant’Eulalia a Cagliari; attribuito al sec. XVIII da F. Pinna in base a manufatti ceramici prodotti a Montelupo Fiorentino[52], e verosimilmente da identificare con quello realizzato dal muratore Pedro Pili nel 1756-57 per incarico della confraternita del Santissimo[53] (fig.12).

Fig.12, Cagliari, parrocchiale di Sant'Eulalia, navata centrale, cripta (tratta da F. Pinna in Cagliari, le radici di Marina, 2002, p. 49).

Fig.12, Cagliari, parrocchiale di Sant’Eulalia, navata centrale, cripta (tratta da F. Pinna in Cagliari, le radici di Marina, 2002, p. 49).

Nel XIX secolo i cambiamenti interessarono principalmente il campanile.
Il quattro giugno 1800, il rettore della parrocchiale, reverendo Joseph Porcu, assegnò al muratore cagliaritano Antonio Ramon Selis l’esecuzione, entro quattro mesi, di una casa osea aposento en el campanario…para poner y plantar un relox, attendendo la gran combeniencia, adorna y utilidad che ciò avrebbe comportato tanto alla parrocchiale che al paese. L’ambiente avrebbe avuto una volta solida e l’accesso sarebbe stato consentito da una comoda scala a due rampe; sarebbe stato adatto
ad ospitare l’orologio e abbastanza grande da poter accogliere comodamente sia chi avrebbe curato la manutenzione di quest’ultimo, sia coloro che, in caso di guasto, avrebbero dovuto ripararlo, lasciando sempre il passo libero al campanaro. Il Selis s’impegnò inoltre a realizzare lo scudo delle ore ben chiaro e distinto, in modo che, nonostante esposto alle intemperie, non si potesse danneggiare o cancellare. Il prezzo pattuito fu di 100 scudi: 50 alla firma dell’atto e 50 dopo un anno e mezzo l’ultimazione dei lavori.

Fig 13, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, particolare del campanile.

Fig 13, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, particolare del campanile.

Lo stesso giorno fu stipulato l’atto per l’esecuzione dell’orologio, affidata al reloger Luis Lobina, nativo di Sadali e residente a Cagliari. Il Lobina s’impegnò a realizzare il manufatto conforme a quelli presenti a Cagliari, entro otto mesi e per 200 scudi sardi; una campana avrebbe suonato i quarti, l’altra le ore[54].
Nel 1896, demolite copertura e stanza dell’orologio, fu costruita la cupola che ancora si conserva, dove fu sistemato anche l’orologio (fig. 13).

 

Tra gli arredi della chiesa vorrei dare alcune notizie sul bel altare maggiore (figg. 14 – 16) dedicato a San Pietro apostolo, espressione barocca del maestro marmoraro Domenico Andrea Spazzi, nato a Lanzo d’Intelvi (Como) il 30 novembre 1711 e trasferitosi a Cagliari[55], dove la sua presenza è documentata dal 1742 in una bottega di via del Fossario per la quale pagava l’affitto al Capitolo della cattedrale.

Fig.14, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, presbiterio, altare maggiore, marmi policromi, Domenico Andrea Spazzi, 1749

Fig. 15, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, presbiterio, particolari dell'altare maggiore.

Fig. 15, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, presbiterio, particolari dell’altare maggiore.

Fig. 16, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, presbiterio, particolari dell'altare maggiore.

Fig. 16, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, presbiterio, particolari dell’altare maggiore.

Fu eseguito tra il giugno del 1748 ed il giugno del 1749, prima della festa del Santo titolare, per 450 scudi; nel rispetto del disegno concordato con la parrocchiale, scolpì tra l’altro i due angeli che, disposti al lato dell’unica nicchia, sorreggono la tiara di San Pietro[56] (fig. 17).

Fig 17, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, presbiterio, altare maggiore, paliotto.

Fig 17, Pirri, parrocchiale di San Pietro Apostolo, presbiterio, altare maggiore, paliotto.

Domenico Andrea, morto nel Nostro capoluogo nel 1765, fu senza dubbio uno dei più importanti maestri attivi all’epoca in Sardegna e a lui si devono numerosissimi lavori[57].
L’altare sostituì il precedente, ligneo, non più esistente, intagliato da Joseph Ravena, caxer y fuster, e Gerony Secreto, fuster, entrambi domiciliati a Stampace[58] I due maestri, cui fu commissionato dal procuratore delle chiese di Pirri, Diego Fanti, con un regolare contratto sottoscritto a Cagliari il 21 dicembre 1776, fornirono tutto il materiale necessario e realizzarono il cuadro eo retaulo nel rispetto del disegno concordato: alto due palmi, largo 17 palmi, con le colonne piene e tutto foderato di tavole sia negli spazi destinati ad accogliere il cuadro sia nel resto. Lo consegnarono finito alla perfezione per quanto riguardava la loro professione, pronto ad essere gessato. Il costo fu di 200 lire cagliaritane[59].
L’arredo fu poi gessato e dorato, per il settembre del 1677, da Sadorro Lochi, scultor di Villanova, che fornì tutto il materiale eccetto l’oro, dato dal procuratore Fanti a spese della parrocchiale[60].

Fig. 18, Cagliari, chiesa di Santa Restituta, presbiterio, altare maggiore, legno con policromia e doratura, Joseph Ravena - Domingo Manca, 1779.

Fig. 18, Cagliari, chiesa di Santa Restituta, presbiterio, altare maggiore, legno con policromia e doratura, Joseph Ravena – Domingo Manca, 1779.

Andato perduto, era probabilmente simile all’altare maggiore della chiesa di Santa Restituta a Cagliari, realizzato dal Ravena soltanto due anni dopo e per la stessa cifra. Il bravo artigiano, maggiorale in capo della sua corporazione, si avvalse, in questo caso, della collaborazione del caxer Domingo Manca, residente a Stampace, cui il 29 aprile 1779 affidò, la realizzazione di metà manufatto, da eseguire sotto la sua direzione, secondo il disegno stabilito e per 100 lire cagliaritane[61] (fig. 18).

 

 

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