Scritture Le forme di comunicazione
Dal Vicino Oriente al Vecchio Mondo
1. Dalle pittografie al cuneiforme
L’evoluzione tecnologica
La varietà dei sistemi grafici caratterizzati dalla forma a cuneo dei segni costituisce un banco di prova delle teorie tecnologico-deterministiche dell’evoluzione della scrittura.
Tutte le tappe di questa storia plurimillenaria possono essere considerate effetto dei mutamenti tecnologici che, dall’originarìa forma pittografica delle più antiche testimonianze sumere, portarono all’astratta uniformità grafica di sistemi come quello persiano o come quello ugaritico ‘alfabetico’.
Ma i dati in nostro possesso ci dicono che già in periodo sumero i mutamenti tecnologici essenziali che verranno poi ereditati dalle tradizioni posteriori (accadica, assiro-babilonese, elamita, hittita) si erano tutti verificati: dall’originaria disposizione verticale dei pittogrammi, cui corrispondeva un andamento della scrittura lungo colonne ordinate da destra a sinistra, si passò, anche a seguito di una rotazione di 90 gradi dei segni, a un cambiamento della direzione di scrittura, che assunse andamento orizzontale ed orientamento da sinistra verso destra.
Mutamenti dei supporti
La meccanica di tale evoluzione (che presenta però numerose e significative eccezioni in testi di carattere celebrativo incisi su pietra) è di solito ricondotta a un mutamento dei supporti, che impose di modificare alcune caratteristiche grafiche del sistema.
Realizzato mediante uno stilo sulla tavoletta d’argilla fresca (stilo che cambiò forma nel passaggio dalle pittografie graffiate ai segni a cuneo impressi), il testo poteva facilmente essere scritto in colonne quando il supporto di piccole dimensioni (i brevi testi commerciali delle origini) poteva esser tenuto nel palmo di una mano.
Ma, con tavolette più grandi e testi più lunghi (come quelli letterari o legislativi), la posizione dello scriba e il modo di tenere il supporto sarebbero cambiati, modificando l’organizzazione dello spazio grafico.
In questa fase di sviluppo, quindi, la finalità del testo e il suo uso sociale hanno un ruolo determinante, perché condizionano la scelta dei materiali e il tipo di impaginazione.
La confusione sumera, il caos accadico
Cosa ha a che vedere questa tendenza evolutiva con la progressiva riduzione dei segni da 1.000 a circa 800 in epoca sumera, a circa 570 in epoca babilonese?
La confusione dei primi testi sumeri, in cui i numerosissimi segni pittografici erano usati per trascrivere intere parole (segni logografici), si sarebbe in seguito ridotta mediante una serie di complicati ma efficaci sistemi di rielaborazione sviluppati dagli scribi plurilingui (prima sumeri e poi accadici) impegnati nella difficile opera di adattamento di un sistema concepito per una lingua completamente diversa dal semitico.
La trasformazione in ‘sillabogrammi’ delle parole-segni e l’uso dei determinativi e dei complementi fonetici erano finalizzati a rendere meno ambigui alcuni elementi del sistema.
Ad esempio, utilizzando il determinativo per ‘legno’ accanto al segno ‘freccia’, per indicarne il contesto significativo; o aggiungendo a un segno un carattere fonetico per indicarne la pronuncia.
I Sumeri continuarono a usare molti segni logografici, ma l’applicazione alle lingue semitiche degli stessi principi portò a un nuovo aumento del numero dei segni in epoca assita e a una progressiva complicazione del sistema.
Uno stesso segno poteva servire a trascrivere sia parole sumere che accadiche.
Ad esempio, il segno per la parola sumera an (‘dio’ e ‘cielo’) indicava anche le parole accadiche Amu (il dio ereditato dai Sumeri), ilu (‘dio’) e amû (‘cielo’); allo stesso tempo trascriveva sia la sillaba an (sumera) che la sillaba il (semitica).
L’inventiva persiana, l’estetica hittita
Per uscire da questa situazione caotica bisognava compiere quell’atto di “genio” che la tradizione fa risalire addirittura alla volontà del grande re persiano Dario.
Prendendo dal cuneiforme soltanto la tecnica di esecuzione, fu creato un sistema misto semplice e coerente, basato su 36 segni.
La tecnica, con una razionalizzazione radicale, era utilizzata per esprimere contenuti nuovi (l’intento era autocelebrativo: l’invenzione di una scrittura iranica).
Ma i persiani affiancarono ai segni sillabici cinque ideogrammi, culturalmente essenziali: ‘re’, ‘paese’, ‘terra’, ‘dio’, e ben tre varianti per trascrivere il nome proprio della divinità iranica Ahuaramazda.
Alcuni segni, inoltre, servivano a trascrivere una consonante senza indicazione della vocale, mentre altri avevano forme differenti a seconda della vocale che li seguiva. Era così stato raggiunto un compromesso tra il principio sillabico e consonantico delle scritture semitiche occidentali e quello logografico dell’antico sumero.
Quanto agli Hittiti, insoddisfatti del cuneiforme accadico e affascinati dalla scrittura egiziana, decisero di creare una propria scrittura geroglifica, di fattura complessa e apparentemente antieconomica (contava più di 500 segni).
Preoccupazioni formali e ideologiche, più che esigenze impersonali di funzionalità e di ‘meccanica’ grafica, sono spesso alla base di mutamenti determinanti nei sistemi di scrittura.
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