Scritture Le forme di comunicazione
7 Dal Vicino Oriente al Vecchio Mondo
5. Latini e slavi
Due mondi a confronto
L’alfabeto che si è maggiormente diffuso, quello che noi europei occidentali abbiamo in mente, è l’alfabeto latino.
La lunga evoluzione di questo sistema è stata determinata da molteplici fattori – politici, religiosi, estetici, economici o tecnici – che ne hanno più volte modificato forme e usi; ma la sua espansione è stata a più riprese limitata e contrastata da un altro universo alfabetico, quello slavo, originatosi dal greco e ricco di varietà autonome.
Una storia di invenzioni
Quella delle scritture derivate dalla greca è una storia di invenzioni continue, poiché la loro diffusione non fu il risultato di un dominio politico, ma piuttosto di un influsso religioso.
Ciascuna cultura si sentì legittimata a ridisegnare, consapevolme te e autonomamente, le caratteristi che di una scrittura che sarebbe in seguito diventata soltanto sua, frantumando l’unitarietà di un modello unico attraverso l’accentuazione dei particolarismi grafici.
La scrittura copta (che ancora soprawive negli usi liturgici della Chiesa ortodossa copta), ad esempio, è stata introdotta a partire dal IV secolo in una prospettiva strettamente locale, per tradurre la Bibbia cristiana in quello che era l’estremo sviluppo dell’antica lingua egiziana.
Nello stesso periodo, in Europa, il vescovo goto Wulfila ‘inventava’ l’alfabeto goto.
Più tardi, nel IX secolo, il monaco Cirillo, missionario con il fratello Metodio tra gli Slavi della Moravia, ‘inventò’ l’alfabeto detto appunto cirillico, che avrebbe trascritto molte lingue slave, e che oggi è usato soprattutto per il russo.
Ma altri sistemi di uso più ristretto, come il glagolitico (il sistema macedone di cui la leggenda attribuisce la creazione allo stesso Cirillo), l’armeno e il georgiano, illustrano casi di reinvenzione più radicale, nei quali la forma delle lettere appare più profondamente alterata rispetto al modello.
La tradizione insiste sull’atto individuale creativo all’origine di ciascun sistema: sacralizzando l’evento originario, lo si motiva con l’esigenza di ‘donare’ la scrittura (il che ha sicuro peso nelle religioni del libro), garantendo al tempo stesso la qualità ‘etnica’ e particolare del dono.
Si spiega così la tenace resistenza che questi sistemi hanno opposto all’alfabeto latino.
Una storia di adattamenti
La storia della scrittura latina è invece storia di un modello, quello ereditato dalla cultura romana con i suoi diversi tipi grafici: da una parte la scrittura epigrafica e monumentale, dall’altra le varietà corsive.
Le rielaborazioni del modello nel tempo rendevano talvolta al particolarismo e alla proliferazione delle forme, come nell’Alto Medioevo con le scritture ‘nazionali’: merovingica (Francia), insulare (Britannia e Irlanda), visigotica (Spagna), beneventana (Italia meridionale) e altre ancora.
In altre situazioni, invece, si cercava l’unità grafica costruita mediante la diffusione capillare di una nuova scrittura comune, come nel caso della minuscola carolina, messa a punto alla corte di Carlo Magno.
Questi adattamenti sono frutto sia di innovazioni tecniche (l’adozione di particolati strumenti per scrivere o incidere, la corsivizzazione, il mutamento dei supporti e dei loro formati) che di riscoperte o di riforme grafiche studiate a tavolino, pianificate.
La diffusione, nel XV secolo, della scrittura umanistica (che dopo secoli riprendeva a modello la minuscola carolina e che sarebbe stata la base per lo sviluppo della tipografia) è un caso esemplare di progettazione grafica rinascimentale.
Il moderno mestiere di letter designer è stato prefigurato da grandi personaggi come Francesco Petrarca e Poggio Bracciolini.
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