Scritture Le forme di comunicazione
9 Scritture africane
1. L’Egitto e i geroglifici
Quoad figuram. pittura:
quoad ordinem, litterae
“Per ciò che concerne l’aspetto, sono immagini; per ciò che concerne la sintassi, sono lettere”: con questa frase, scritta nel 1797, lo studioso Zoëga rompeva finalmente i ponti con la tradizione rinascimentale ermetica (tenuta in vita per ben due secoli da eruditi come Ficino, Colonna, Causin e Kircher), rivendicando anche ai geroglifici il valore di scrittura, e non solo alle loro varianti corsive.
Ma sarebbe stata soltanto la scoperta di una stele con un’iscrizione bilingue (lingua greca ed egizia) e trigrafica (scrittura greca, geroglifica e demotica) presso il villaggio di Rashid (Rosetta) a cambiare le sorti della decifrazione.
La scrittura egizia, cosi come è oggi ricostruita proseguendo la sistematica analisi di Jean François Champollion, i cui risultati vennero resi noti nel 1823, è un sistema misto, composto da circa 700 caratteri standard.
Da una serie originaria e di uso circoscritto di caratteri logografici (che rappresentavano una parola e alcune nozioni o azioni ad essa connesse) ebbero origine altre due classi di segni: i fonogrammi (che rappresentavano suoni) e i semogrammi, o determinativi (che trascrivevano elementi semantici della lingua e si aggiungevano ai segni fonetici per precisarne l’interpretazione).
Nonostante l’ampio numero di segni e i diversi possibili modi di trascrivere ciascuna parola, assai raramente si faceva uso di tutte le opportunità virtualmente offerte dal sistema.
Regole molto rigide impedivano le combinazioni grafiche inedite e ciò contribuì al cristallizzarsi delle convenzioni, che non vennero mai semplificate; le forti connotazioni magiche e sacrali della scrittura portarono, al contrario, all’introduzione di una serie di varietà crittografìche, con modificazioni nella direzione di lettura e alterazioni nella sintassi dei segni, tese ad oscurarne ulteriormente la leggibilità.
Champollion e Tolomeo
A convincere Champollion della natura fonetica di alcuni segni geroglifici contribuirono i ‘cartigli’ (le forme convenzionali nelle quali si iscrivevano i nomi dei faraoni) di due personaggi storici: Tolomeo e Cleopatra.
Uno dei cariìgli della stele di Rosetta, facilmente identificabile sulla base del testo greco come appartenente a Tolomeo, era identico a quello presente su un obelisco appena scoperto.
Poiché si sapeva da tempo che i nomi propri venivano trascritti foneticamente anche nelle scritture considerate più ideografiche (come quella cinese), Champollion poté avere una prima base per la decifrazione.
I nomi propri, da allora, si sarebbero rivelati una chiave fondamentale nella decifrazione delle scritture, nelle quali hanno sempre statuti particolari.
© Città Metropolitana di Cagliari – Riproduzione vietata